Tutto è iniziato con una scatola.
Nascosto dietro i suoi cappotti invernali in soffitta, avvolto in una sciarpa floreale sbiadita e sigillato da decenni di quiete, c’era un baule di cedro che non avevo mai visto aperto.
Incuriosito, ho sollevato il coperchio.
La polvere turbinava nella luce obliqua del pomeriggio: dorata, lenta, come se il tempo stesso stesse respirando.
E lì, incastonati nella carta velina come un tesoro sepolto, c’erano sottili tubi di vetro, freschi e delicati come ali di libellula.
Luccicavano – ambra, citrino, smeraldo – ognuno con la punta di un minuscolo e intricato gancio.
All’inizio non capivo.
Erano orpelli natalizi dimenticati?
Agitatori per cocktail di una festa di tanto tempo fa?
Qualche strana scorta di bricolage che aveva risparmiato « per ogni evenienza »?
Ma mentre ne tenevo uno delicatamente tra le dita, qualcosa cambiò.
Non era disordine.
Non è stato dimenticato.
Era la cura, cristallizzata.
E in quel momento, ho finalmente capito:
👉 si trattava di fiale e siringhe di insulina degli anni ’50.
L’ancora di salvezza di mia nonna.
💉 Una lotta silenziosa, nascosta in bella vista
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